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Il parco di Monza

LA STORIA

Nel 1777 l'imperatrice Maria Teresa d'Austria stanziò 70.000 zecchini e iniziarono i lavori per la costruzione della Villa Reale. Il sito fu scelto nei pressi di una piccola cascina vicino a Monza per la sua bellezza, per la sua vicinanza a Monza e per la posizione, strategicamente importante, lungo la direttrice Milano-Vienna.

   L'architetto prescelto, il Piermarini, progettò un edificio a «U» secondo la sobria tradizione tipologica della villa lombarda, ma ispirato al fasto e alla grandiosità della reggia di Caserta, alla cui realizzazione aveva partecipato come allievo del Vanvitelli.

   Anche il giardino della villa non fu considerato meno importante. Vennero per questo comprati o espropriati tutti i territori circostanti, oltre a piccoli corsi d'acqua da immettere nel Lambro per l'irrigazione e per la creazione di un laghetto. Un settore di giardino era alla francese con un canale centrale verso il Lambro; due settori, uno maggiore verso nord ed uno minore a sud, erano all'inglese con scorci e studiate visuali, laghetti, grotte e ruderi, come il nuovo gusto romantico imponeva.

  Nel 1779 furono realizzate delle serre, i «fruttier» e i «potager»; nella limonaia sul lato nord-ovest della reggia, dove oggi è situato un magnifico roseto, crescevano gli agrumi, mentre i frutti nostrani e i frutti esotici venivano coltivati lungo l'ala sud-ovest del palazzo. Quando, nel 1796, la famiglia arciducale lascia la Lombardia per rifugiarsi a Venezia, la villa diviene di proprietà francese. Quasi contemporaneamente all'installazione in Monza del viceré Eugenio di Beauharnais viene emanato, il 14 settembre 1805, un decreto imperiale per la costruzione, accanto alla villa e ai giardini, di un immenso parco con lo scopo di farne una tenuta modello ed una riserva di caccia. Incaricato del progetto è l'architetto Luigi Canonica, allievo del Piermarini e già esecutore di altri lavori sul complesso della villa.

   Il primo progetto non aveva l'estensione odierna ma arrivava sino alle ville Mirabello e Mirabellino; venivano disegnate le vie principali e realizzata una nuova recinzione. Intorno al 1807 il progetto viene ampliato arrivando sino a Biassono cosicché, ultimato il muro di cinta utilizzando i resti della mura di Monza, il parco diventa (ed ancora oggi mantiene questo primato) il più grande parco cintato d'Europa. Come è già stato accennato il Parco di Monza fu progettato non solo per motivi di fasto, ma anche come azienda agricola e tenuta di caccia. La varietà del terreno permetteva diverse coltivazioni sia tradizionali che sperimentali; esistevano nel parco aratori con gelsi per la coltura dei bachi da seta, frutteti, vigneti, prati e pascoli, oltre che boschi da taglio come il Bosco Bello, rinomato sin dal IV secolo.

  Per queste attività agricole esistevano nel parco cascine e mulini con facciate molto equilibrate e caratteristiche della tradizione lombarda, inserite nel verde con un’ambientazione «paesaggistica» e scenografica molto curata. Anche la tenuta di caccia era molto ben organizzata. Diverse attività erano preposte al ricambio della selvaggina abbattuta durante le cacce reali. A nord, all’interno del Bosco Bello era allestito il «serraglio dei cervi» contenente, intorno al 1850, circa 76 cervi e 168 daini. In giro per la tenuta vi erano circa un migliaio di lepri mentre per l’allevamento dei fagiani erano previste diverse cascine allestite a «fagianaie», le quali mettevano in libertà centinaia di fagiani in occasione delle cacce.

  Si dice che la Brianza fosse, nell’800 un grande giardino; il Parco di Monza risultava allora un concentrato di questa regione: boschi, coltivi, il fiume Lambro, le cascine ed i mulini, inseriti in un ambiente naturale ma progettato in tutti i suoi particolari. Un parco senza precedenti ed, ancora oggi, unico nel suo genere.

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