Martedì 18 giugno 2002.
Cosa aggiungere?
Nel mondo dello sport questa data rimarrà scolpita come quella di
Italia - Corea del Sud 1-2.
Sconfitta annunciata, sconfitta premeditata, sconfitta meritata. In
ogni caso si parla di sconfitta, e tirando le somme, è questo che ci
interessa. Il come sia arrivata, il perché sia arrivata, sono stati al
centro delle discussioni feroci di questi giorni; opinionisti e grandi
firme si sono mobilitati per accusare questo o quel dirigente, per
denunciare l’impotenza dell’Italia calcistica in campo internazionale,
per mobilitare una rivoluzione nel sistema federale, più sperata che
possibile. In molti hanno addirittura gridato al complotto, al centro
del quale ci sarebbero Blatter e i più alti dirigenti FIFA (uno dei
quali coreano), e contro il quale il nostro Carraro, a detta di tutti
inconcludente e non rappresentativo, niente ha potuto se non subire.
Il più amaro dispiacere riguarda sicuramente il modo in cui si è
comportata la nostra squadra nel corso di questo sciagurato mondiale. Se
Vieri avesse messo dentro quel pallone, se Trapattoni non avesse
sostituito Del Piero sventolando al mondo intero il suo naturale
difensivismo, se i nostri avessero chiuso la partita quando ormai i
coreani non sembravano nemmeno l’ombra delle furie che ci avevano
descritto, ora non saremmo qui a parlare di un fallimento. Ma con i se e
con i ma non si scrive la storia. E la storia ci racconta di un
fallimento. Totale fallimento.
Fallimento che è partito dalla convocazione della nazionale, con
l’esclusione di giocatori (vedi Baggio, Ambrosini, Tacchinardi per fare
qualche esempio) che forse avrebbero giovato maggiormente alla nostra
causa. Fallimento fisico, in quanto stanchezza ed infortuni sono stati
all’ordine del giorno in un gruppo che doveva, al contrario, essere
portato in questo punto della stagione al top della forma per centrare
l’obiettivo. Fallimento tattico delle formazioni messe in campo da
Trapattoni, che in quattro gare ha ottenuto una vittoria, uno
striminzito pareggio e due sconfitte, contro rappresentative non certo
irresistibili. Fallimento politico della spedizione: esemplificazione di
questo è la vergognosa scritta "Again 1966" nelle tribune dello stadio
maledetto, sfottò che nessuno oserebbe fare a nazioni potenti come
Francia o Brasile, ma che noi abbiamo subito quasi con
rassegnazione.
Ma il fallimento riguarda anche e soprattutto l’edizione dei
mondiali. Inutile addentrarci ancora nelle polemiche che hanno investito
arbitri e guardalinee in Italia, intendiamo sicuramente sottolineare le
reazioni che sono avvenute nel resto del mondo.
In primo luogo la FIFA ha dichiarato impeccabile l’arbitraggio del
signor Moreno, elogiandolo per come si trovasse sempre vicino alle
azioni (????), salvo poi offrire (il giorno seguente) il biglietto per
il ritorno in patria a lui e ai suoi assistenti. Il nostro Collina
invece se lo tengono stretto: potranno cercare in tutto il mondo,
dall’Ecuador alla Malesia, ma direttori di gara della sua bravura non ne
troveranno di sicuro.
Curioso è poi constatare come la stampa estera non prenda affatto in
considerazione gli innegabili torti riservati all’Italia nell’arco delle
quattro gare disputate. In Corea si parla di impresa meritata, ma questo
era prevedibile e scontato, e si insiste nel tormentone di un altro
1966. Ma nel resto del mondo, ciò che fa notizia è solo e unicamente la
disfatta azzurra dal punto di vista del gioco e dell’atteggiamento della
squadra: difensivismo e paura di vincere sono le critiche indirizzate a
Trapattoni e la sua nazionale. Critiche indubbiamente giuste, ma che
tralasciano colpevolmente i torti arbitrali da noi subiti. Nessun altra
nazionale ha ricevuto un trattamento come il nostro: cinque gol
annullati in tre partite consecutive, ammonizioni ed espulsioni a iosa,
molte delle quali inesistenti, le altre decisamente discutibili non
possono e non devono passare inosservate agli occhi di tutto il mondo. E
allora cari colleghi internazionali, non ci accusate di essere i
classici polemici italiani. Se questo significa essere puliti,
orgogliosi di essere polemici. Orgogliosi di essere ITALIANI.
Franco Sacchi
In collaborazione con Luca Soligo